Come resistere a mafiopoli: nelle parole di Giovanni Impastato

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A quarant’anni dall’omicidio di Peppino Impastato, riproponiamo l’intervista che “La Voce del Paese”, in occasione della presentazione ad Acquaviva del libro “Resistere a Mafiopoli”, nel dicembre 2011, aveva fatto all’intellettuale siciliano Giovanni Impastato, fratello di Peppino.

Come resistere a mafiopoli: nelle parole di Giovanni Impastatodi Saverio F. Iacobellis

‘”Ci sono messaggi senza tempo. – Messaggi che ci fanno comprendere il valore della società civile e il nostro concetto di comunità. Quest’ultima, indubbiamente costituita da individui fra loro differenti e con storie umane distinte, non vanta mai una definizione statica e perfetta, ma una esperienza di identità comune perfettibile. Poiché nessuno fra noi è un’isola. Perciò, ogni giorno, possiamo contribuire, partendo singolarmente, alla continua costruzione di questa perfettibilità. Che è cammino, direzione. Costruzione morale della norma. Ed è il cercare un fine condivisibile”.

Il presente articolo, di una testata acquavivese, è del 2012: ma il suo contenuto è ancora meritevole di accoglimento. E resta oggi invito di comune riflessione, sociale e politica, anche in memoria della scomparsa di un giovane idealista italiano. (Acquavivanet, 20 maggio 2012.)

Come resistere a mafiopoli: nelle parole di Giovanni Impastato

In una giornata di maggio di sei anni fa: “In questi momenti difficili, come la tragedia di Brindisi e delle ragazze di una scuola media superiore, noi, AcquavivaNet, vogliamo ricordare un messaggio anti-mafia e che vede proprio la sede di una scuola pubblica italiana come prima avanguardia di Resistenza alla lotta alla mafia”.

Suo è il libro che ricorda Peppino e i valori di chi, ogni giorno, lotta la mafia. 

Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, cento passi: per ricordare una vittima della mafia, suo fratello. Ricordare, come immutati, i suoi ideali e le sue speranze più profonde. La Voce del Paese, in occasione della presentazione del libro “Resistere a Mafiopoli” presso l’Aula Vitangelo Vitolla dell’I.T.C. Colamonico, aveva intervistato, nello scorso primo dicembre (2011), l’intellettuale siciliano Giovanni Impastato. (Intervista di Saverio F. Iacobellis)

Cosa significa, oggi, “Resistere a mafiopoli”?

“Resistere a mafiopoli significa ripercorrere un po’ la storia di questo paese, per organizzare una nuova resistenza: una resistenza contro un sistema di potere mafioso, economico, e politico, e anche un potere mediatico. Significa scegliere un’alternativa valida: un’alternativa democratica, che possa far ragionare i giovani, che li possa sensibilizzare a un nuovo modo di portare avanti il loro lavoro, non solo nelle scuole, ma anche fuori all’interno della società. Questo spesse volte non può avvenire e noi stiamo cercando di portare avanti una nuova resistenza: una nuova resistenza piena di grandi valori. Sono i valori della democrazia, i valori della civiltà, e soprattutto i valori del buon senso”.

Il fenomeno della mafia, in sé per sé, può essere in parte annichilito o del tutto sconfitto?

“Io penso proprio di Sì. Io sono convinto che la mafia può essere sconfitta in poco tempo, non voglio certo dire in un quarto d’ora, però se noi cominciamo a buttare le basi e a costruire e a resistere. Costruire una nuova prospettiva culturale. Oggi, per costruire una nuova prospettiva culturale, noi dobbiamo individuare un po’ il concetto di legalità: che non è il solo rispetto delle leggi. Eppoi dobbiamo incominciare a portare avanti un segnale forte di resistenza: fare leva sulla cultura mafiosa. Perché la mafia è difficile sconfiggerla perché ci fanno capire che è solo un problema criminale, solo ed esclusivamente un problema di ordine pubblico. La mafia non è un problema repressivo di ordine pubblico, la mafia è un problema culturale, è un problema sociale, e va affrontato lì, le faccio un esempio: se noi in un quartiere costruiamo i servizi adatti per soddisfare le esigenze di quel quartiere, invece di arrestare sempre persone. Il lassismo è pericoloso e quelle persone vengono praticamente sostituite. Noi le persone le arrestiamo, però in un quartiere a rischio noi dobbiamo intervenire con una forte bonifica, costruire servizi adatti: le scuole, gli ambulatori, i consultorii, gli psicologi, cioè consolidare non forme di assistenza”…

Ma rivalutare?…

“Perfetto. Ecco che la mafia in quel quartiere scompare da sé. Con una scuola che funziona, con i ragazzi che ragionano. Partendo dai ragazzi che ragionano”.

Rivalutare il territorio…

“Perfetto. Con una Chiesa che fa il suo dovere e in prospettiva lavora per i giovani, la mafia scompare. Oggi abbiamo lasciato quartieri al totale degrado, questo è l’esempio che faccio: quanto di problema culturale, soprattutto se è presente nei giovani, così come siamo stati presenti oggi, bisogna fare ragionamenti che non sono ambigui: perché se oggi arriviamo ai giovani con molta ambiguità, facciamo un discorso sulla mafia dove non gli facciamo capire nulla e noi dobbiamo essere chiari. Dobbiamo metterci la Costituzione in mano e solo con la Costituzione in mano si può sconfiggere la mafia subito, in poco tempo. Cioè, incominciare a sviluppare la cultura Costituzionale in questo paese perché non c’è rispetto per essa. Molti hanno educato i giovani al “non rispetto” della Costituzione. La devono conoscere: ecco come si sconfigge la mafia. Io oggi ho fatto un discorso sulla disobbedienza civile che potrebbe essere interpretato male: però, se si chiarisce il discorso con degli esempi validi non viene interpretato male”.

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