“COndiVID”, un’Antologia su come eravamo fino a pochi giorni fa

Shares

Una Antologia intitolata COndiVID per lasciare testimonianza del dolore condiviso, delle preoccupazioni, dell’incertezza di avere un nemico comune dietro la porta.

In molti hanno avuto l’idea, nel corso dell’emergenza che ci stiamo lasciando alle spalle, di raccontare questo periodo strano che stiamo tuttora vivendo.

In Val d’Elsa, per esempio, si è pubblicato “Racconti isolati – Un Decameron ai tempi del Covid”, e il riferimento letterario non è casuale, visto che lo “sfondo” delle novelle di Boccaccio fu un’altra epidemia, la Peste del 1348.

COndiVID un'antologia su come eravamo fino a pochi giorni fa

“COndiVID”, un’antologia su come eravamo fino a pochi giorni fa

In Puglia si segnala un’esperienza concepita e prodotta ad Acquaviva, e forse neanche questo è casuale, poiché la presenza di un reparto dedicato con 300 posti (per fortuna mai riempiti totalmente) all’ospedale Miulli, sul piano emotivo ha coinvolto la nostra comunità più che altrove.

Il libro si chiama “COndiVID” ed è un’antologia di autori vari pubblicata da L’Incontro Edizioni.

Gli autori sono per lo più pugliesi, ma contributi sono arrivati anche da Fermo, Cava de’ Tirreni, Palermo, Milano e Como.

Trentacinque interventi, abbastanza per testimoniare che la quarantena ha risvegliato lo scrittore che è dentro molti di noi perché, come scrive l’Associazione L’Incontro nell’introduzione, “L’uomo è un essere narrante” e sono stati molti ad avvertire il bisogno della “condivisione di vissuti intimi, delle parole scritte per tenersi ancorati alla propria umanità, di una creatività nata in risposta al drammatico susseguirsi di eventi e allo shock emotivo che le notizie e le immagini dei telegiornali materializzavano intorno a noi…”.

Ma il valore di un’operazione culturale di questo tipo comincia a risaltare in questi giorni, ora che stiamo cominciando, via via, ad affrancarci sempre più dalle misure di restrizione.

Perché il momento che abbiamo trascorso da così poco appare già nella sua straordinaria drammaticità quando leggiamo che “lo smarrimento è tutto in quei ministri di Dio ormai incapaci di dare una risposta alla domanda ‘Dov’è Dio?’, se a Dio interessano ancora il destino e le azioni dell’umanità”, come scrive Vittorio Dinielli nel suo scritto “La città nel tempo delle chiese vuote”.

Fin da ora cominciamo ad apprezzare quanto sia preziosa un’opera come questa che ha immortalato un periodo storico della nostra comunità e di altre comunità con le quali, per via telematica, grazie all’intervento dei curatori dell’antologia, siamo in qualche modo venuti in contatto.

Ci leggeremo un giorno, quando tutto sarà passato, precipitati in questa curiosa situazione collettiva che per alcuni è stata una tragedia, per molti altri una miniera d’ansia, di incognite e di impoverimento, ma anche un’occasione per ritrovare i propri affetti familiari e per correre in cucina alle 7,45 per montare la moka e godersi un caffè in silenzio con tutta la calma, perché il lavoro agile (o il non lavoro) ci ha consentito, quanto meno, di restarcene a casa belli tranquilli.

E poi c’è stata la natura che si è ripresa i suoi spazi (che adesso le auto già hanno occupato), l’odore del pane caldo, la nitidezza del cielo, il “disincanto”, la “incredibile realtà”, i famosi “congiunti” e tutto quello che resterà per sempre inciso nella nostra memoria condivisa di questo dannato coronavirus che un giorno, lo speriamo davvero, racconteremo ai nostri nipoti come i nostri nonni ci hanno parlato della “spagnola”.

Potrebbero interessarti anche...