“Cravatte solidali” per aiutare i disoccupati a trovare lavoro. Di Antonello Chindemi

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‘CRAVATTE SOLIDALI” PER AIUTARE I DISOCCUPATI A TROVARE LAVORO

Nicolas, Yann e Jacques-Henri hanno fondato a Parigi un’associazione di volontariato che aiuta i disoccupati ad orientarsi nei colloqui di lavoro: raccolgono abiti professionali usati (giacche, cravatte, scarpe e tailleur) e seguono curriculum. Ogni anno aiutano più di 300 persone.

di Antonello Chindemi su redattoresociale.it

15 Marzo 2016.

ROMA – Nicolas Gradziel, Yann Lotodé e Jacques-Henri Strubel hanno comprato il primo abito elegante della loro vita quando hanno sostenuto i test di ammissione all’Ècole de commerce di Parigi, la più prestigiosa business school francese. Superati i test, i tre ragazzi hanno cominciato a seguire le lezioni della scuola che ha sede alla Défense, il quartiere finanziario più grande d’Europa. Le finestre della loro aula si affacciavano su una grande distesa di grattacieli luccicanti dove ogni giorno plotoni di uomini in giacca e cravatta e di donne in tacchi e tailleur facevano su e giù per lavoro. All’Ècole de commerce i tre ragazzi hanno imparato le regole della contabilità, i meccanismi della finanza, le tecniche di gestione d’impresa e soprattutto quanto contano le apparenze. Finita la scuola Nicolas, Yann e Jacques-Henri hanno riaperto i loro armadi e ritrovato quegli abiti eleganti che avevano indossato solo il giorno del test d’ingresso e che adesso non gli andavano più e si sono chiesti cosa farne. “Diamoli in beneficenza, potrebbero tornare utili a qualcuno che deve affrontare un colloquio di lavoro”, devono aver pensato. Ma i tre hanno fatto di più: hanno cominciato a raccogliere gli abiti dei loro ex colleghi di università, degli insegnanti, di parenti e amici; hanno fatto su e giù per i grattacieli della Défense a caccia di giacche, cravatte, scarpe col tacco e tailleur; hanno raccolto e sistemato tutti gli indumenti  e hanno creato un’associazione per aiutare i disoccupati nella ricerca di un lavoro.

È così che nel 2012 Nicolas, Yann e Jacques-Henri fondano ”La cravate solidaire”(la cravatta solidale), un’associazione di volontariato che aiuta i disoccupati di ogni età ad affrontare nel miglior modo possibile i colloqui di lavoro, a cominciare dal look. Quasi per gioco i ragazzi allestiscono un magazzino di vestiti in un angolo libero nel monolocale parigino dove abita Jacques-Henri e si danno uno statuto ma presto le cose cambieranno e l’associazione avrà bisogno di molto più spazio. L’idea dei tre ragazzi piace: tanti volontari bussano all’appartamento di Jacques-Henri per donare i propri abiti e qualche giornale comincia a parlare di loro. Passa un anno appena e Lucille, una giovane consulente d’immagine, entra a far parte della squadra della Cravate. I quattro adesso non si limitano a vestire chi cerca lavoro ma preparano nei dettagli i colloqui: correggono curriculum, simulano incontri col reclutatore, danno consigli sull’atteggiamento da tenere e fanno tutto quello che ritengono utile perché il loro assistito conquisti fiducia in se stesso e tutto finisca con una firma su un contratto di lavoro.

Dal 2013 lo spazio ricavato nell’appartamentino di Jacques-Henri non basta più e “La cravate solidaire” viene ospitata nei locali della Mission locale parigina, un’associazione regionale che si occupa della formazione e dell’orientamento nel mondo del lavoro. Dal 2014 a oggi le Cravate solidaire sono spuntate come funghi in Francia: ce ne sono una a Lille, una a Lyon, una Rouen e una a Le Mans. Nel 2015 l’iniziativa ha valicato il confine francese con l’apertura della prima Cravate belga a Bruxelles.Ogni anno Nicolas, Yann, Jacques-Henri e Lucille aiutano più di 300 persone a prepararsi al colloquio di lavoro e nel 70 per cento dei casi queste persone riescono a rientrare a casa con un contratto in tasca. L’iniziativa francese funziona perché restituisce fiducia in chi è disoccupato e soprattutto perché centra un punto fondamentale nella ricerca del lavoro. Secondo uno studio realizzato dall’Ifop, un istituto francese di sondaggi e opinioni, l’abbigliamento è la prima causa di discriminazione durante un colloquio, seguito dal sesso, dal colore della pelle e dall’età. Come recita lo slogan di Cravate solidaire: “l’abito non fa il monaco ma contribuisce”.  (di Antonello Chindemi su redattoresociale.it)

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