Diffamazione, ingiuria e tutela dell’onore. Intervento del penalista Alessio Carlucci
Elementi dei delitti di ingiuria e diffamazione
di Alessio Carlucci, Avvocato del Foro di Bari
Chiunque offende la reputazione altrui, comunicando con due o più persone, commette il reato di diffamazione. La reputazione è intesa nella sua dimensione personale ovvero professionale.
A differenza della fattispecie di ingiuria (oggi non sanzionabile penalmente) il soggetto passivo deve essere assente e, quindi, non può replicare o difendersi nel momento in cui l’autore del reato comunica con una pluralità di persone.
La diffamazione è altresì punibile quando è commessa per il mezzo della rete e, in particolare via internet. In questo caso la pena è aumentata perché la offesa all’altrui reputazione raggiunge un numero indefinito di persone e produce un danno maggiore al bene giuridico dell’onore.
Oggi tratteremo due particolari aspetti della diffamazione: la offesa a persone non indicate nominativamente e l’uso del linguaggio adoperato che può travalicare il diritto di cronaca o critica; in particolare l’utilizzo di espressioni verbali non corrette e inutilmente ingiuriose a danno della persona offesa.
Nel primo caso il non esplicitare la identità del soggetto leso non può, in alcuni casi, escludere la sussistenza del reato quando l’autore della diffamazione, pur non nominando espressamente la persona il cui onore è leso, offre elementi indiretti attraverso i quali è possibile comunque risalire alla identità del soggetto passivo.
In un caso concreto, un avvocato era stato tacciato di aver difeso malamente l’amministrazione comunale di un paese di 5000 abitanti in una controversia giudiziaria contro un privato, nota alla collettività perché incideva sull’assetto urbanistico locale.
Il legale era stato menzionato nella stampa locale, in precedenti articoli non diffamatori ma che avevano consentito di collegare il nome del professionista a quella causa.
Chiunque leggeva l’articolo successivo, contenente le espressioni diffamatorie, poteva quindi collegare la nota vicenda giudiziaria al soggetto passivo, pur non indicato nominativamente.
Peraltro il conferimento dell’incarico legale era stato pubblicato sull’albo pretorio con la indicazione espressa del professionista, circostanza che consentiva ulteriormente la identificazione del legale.
Quest’ultimo aveva sporto denuncia nei confronti del giornalista che lo aveva apostrofato come traditore e truffatore, essendo, a parere del cronista, venuto meno al mandato difensivo per favorire gli interessi del privato, sua controparte nel giudizio in parola.
Nel giudizio instaurato per il reato di diffamazione il cronista aveva invocato a suo favore il diritto di critica ma era stato lo stesso condannato per averne, secondo l’organo di giustizia, travalicato i limiti.
Il giudice aveva censurato l’articolo sotto il profilo della continenza verbale perché l’autore aveva adoperato una forma espressiva non corretta e immotivamente aggressiva dell’altrui reputazione .
Quanto poi alla identificazione del soggetto passivo, il non averne indicato le generalità del legale non impediva che questi fosse comunque identificabile per le circostanze sopra indicate.
Il cronista aveva impugnato la sentenza che era stata confermata in grado di appello prima, e nel giudizio di cassazione poi.
La diffamazione a mezzo internet
Anche chi utilizza i tanti social presente nella rete internet può incorrere in una denuncia per diffamazione se non tien conto delle indicazioni della giurisprudenza.
L’uso responsabile del web può evitare conseguenze penali e, nello stesso tempo, consentire un dibattito e confronto più civili, come tali immuni da censure giudiziarie.
Alessio Carlucci