Un nuovo appuntamento ad Acquaviva della Prima Edizione di Cuore di Banda!

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Cuore di Banda: domenica 19 agosto dalle 20.30 in Piazza dei Martiri 1799, nei pressi dell’Associazione Arci Url, incontro:

“BANDE A SUD: LA MUSICA DA BANDA IN UN FESTIVAL DI IMMAGINARI BANDISTICI”

Interverrà Gioacchino Palma, direttore artistico del festival Bande a Sud, giunto alla 7 edizione tenutosi a Trepuzzi tra il 6 e il 16 luglio. Modera l’incontro Daniele Trevisi, Direttore Artistico del Progetto Cuore di Banda. A seguire Proiezione documentario UNA BANDA A NOCI di Daniele Trevisi.

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Intervista a Gioacchino Palma

Che cosa significa essere Direttore Artistico di un festival come quello di Bande a Sud?

Significa tanto lavoro e condivisione. Significa aver avviato un processo che, se da un lato deve farsi carico di una costante documentazione, una ricerca incessante delle esperienze musicali che interpretano nel nostro tempo lo spirito della banda, dall’altro – ancora più importante – deve tenere unito un gruppo sempre più numeroso, appassionato, consapevole. Non è facile. Un festival della portata di Bande a Sud ha bisogno di professionalità sempre più specifiche e preparate. Occorre farsi carico di porzioni di lavoro di grande entità, che possono essere condotte a compimento solo nel rispetto dei reciproci ruoli, armonizzati tra loro. Un gruppo nel quale ci sia fiducia reciproca, capacità di superare attraverso il dialogo le inevitabili difficoltà, unità negli intenti e negli obiettivi. Nel gruppo di Bande a Sud avviene tutto questo. Credo che sia il vero segreto del festival, ed è per me motivo di grande soddisfazione.

Cosa contraddistingue questo festival rispetto ad altri festival Bandistici?

Il nostro festival ha un sottotitolo molto preciso e rivelatore: “festival degli immaginari bandistici”. Della banda ci interessa la storia, la narrazione, il profumo, la suggestione, l’archetipo. La banda, in senso ampio, è un universo molto stratificato. Ingloba tutte quelle esperienze, in genere popolari, di musica “da strada”, di comunità e celebrazione, oppure legate alla ritualità. Spesso nasce in ambienti e geografie disagiate, che vogliono emergere ed esprimersi inventandosi tutto, dagli strumenti agli stili esecutivi, dai repertori ai modelli formativi. Non è solo un fatto musicale, ma coinvolge in modo molto forte un’esperienza molto particolare di comunità. Poi ci sono le esperienze bandistiche specifiche, e quelle del Sud Italia ne sono un esempio straordinario. Una delle pochissime realtà popolari che, dal basso, si appropria della musica colta e ne declina gli stili in modo originale ma in un certo senso “filologico”. Le trascrizioni dell’Opera, del repertorio sinfonico, e le composizioni originali di marce sinfoniche, hanno dimostrato, in più di due secoli di storia, una grande perizia del mestiere da parte di grandi uomini nati dalle nostre parti. Questi uomini provenivano da ambienti umili, non avevano compiuto studi regolari, ma seppero autoistruirsi e ci hanno lasciato un ragguardevole patrimonio musicale, tutto da studiare e raccontare. Ecco, il nostro festival si nutre dell’intersezione di queste due polarità, e dello spirito universale della banda, che si rifiuta di distinguere tra colto e popolare. Uno spirito molto attuale, mi pare.

Una banda a Noci

di Daniele Trevisi

Ricordate Buena Vista Social Club? Ebbene certe volte penso che ci vorrebbe uno come Wim Wenders per far conoscere al mondo le nostre bande musicali “da giro”. I primi a esserne sorpresi sarebbero i pugliesi che non si rendono conto della peculiarità di questo fenomeno che, insieme con le luminarie, le processioni con le statue di cartapesta e i fuochi d’artificio delle premiate ditte, dà colore alle nostre feste patronali.

In ogni paese del mondo ci sono delle bande. Tutte, più o meno, con le stesse caratteristiche. Il fatto che sfugge è che le nostre bande presentano alcuni aspetti che non sono riscontrabili nelle altre.

A parte l’uso dei flicorni, mi riferisco in modo particolare al repertorio di marce funebri, specialmente quelle che vengono eseguite nella Settimana santa, e alle trascrizioni antologiche operistiche.

Voglio raccontare un piccolo episodio accaduto sei-sette anni fa, un pomeriggio dei primi di settembre. Un mio amico di Siena in vacanza in Puglia, trovandosi nei paraggi di Noci, in mia assenza passò da casa mia per salutarmi.

Mia figlia gli disse che non ero in casa e che non sapeva quando sarei tornato. Un’ora dopo, nel momento stesso in cui mia figlia mi informava di quella visita, fui raggiunto dal suono della banda che suonava sul sagrato della Chiesa Madre.

Non esitai un istante. Un appassionato di musica come il mio amico toscano non sarebbe rimasto indifferente a quel suono. Mi avviai con passo spedito verso la piazza convinto che l’avrei trovato fra il pubblico. Infatti era lì, con la schiena appoggiata all’angolo di un vecchio palazzo e un sorriso che era l’emblema della beatitudine.

Chi, in questa regione, ha capito prima e meglio degli altri queste cose è Pino Minafra. La sua esperienza con la banda RuvoMusica è esemplare. Possibile che non abbia ancora insegnato nulla ai politici e agli organizzatori culturali di questa terra? In quella esperienza ci sono tutte le risposte che si cercano in fatto bande. E c’è soprattutto il futuro di questa grande tradizione.

A metà degli anni ottanta misi insieme un po’ di notizie sulla storia della banda di Noci. Parlai a lungo con vecchi musicanti, oggi purtroppo scomparsi, ai quali sembrava persino strano che un giovane si interessasse di quelle cose. Tra le varie storie che raccolsi ce n’è una che ha il sapore di una leggenda.

Dal 1903 al 1911 il Concerto Bandistico Città di Noci fu diretto da un valente maestro bolognese che si chiamava Attilio Baviera. Il solista di maggior grido di quell’organico era il flicorno sopranino Silvestri, soprannominato “Chepedevozze”.

L’episodio avvenne a Francavilla Fontana la cui banda era diretta in quegli anni da un nocese, il maestro Castrignano. Il confronto tra le due formazioni aveva il sapore di un derby calcistico dei nostri tempi (e il paragone non sembri tanto azzardato perché l’appassionato di banda, ieri come oggi, somiglia più a un tifoso di calcio che a un cultore di musica).

Ebbene, in quella occasione, alcuni elementi della banda di Francavilla giocarono un brutto scherzo alla strepitosa banda di Noci: con l’aiuto di un cameriere, che secondo la leggenda mise della cenere nel vino, riuscirono a far ubriacare “Chepedevozze” che quando si presentò sul palco non si reggeva in piedi.

Il Maestro Baviera era disperato e non sapeva che fare. Invece della Tosca, che era già stata annunciata nel programma della serata, pensò a qualcosa di meno impegnativo, quanto meno per non dichiarare forfait e salvare il buon nome di Noci.

“Chepedevozze”, che era sorretto da un paio di compagni, per quanto ubriaco si rese conto della gravità della situazione. Si dimenò per togliersi la giacca e chiese con insistenza di essere legato con la cinta dei pantaloni ad un palo della cassarmonica.

Era convinto di farcela a condizione che lo si aiutasse in qualche modo a rimanere in piedi. In mancanza di altre soluzioni fu accontentato. Ebbene quella sera sbalordì tutti.

Suonò con un trasporto e una dolcezza che catturarono il pubblico come un sortilegio. Alla fine del concerto i primi che andarono a congratularsi con lui furono proprio i musicanti di Francavilla.

Verso il 1910 “Chepedevozze” vinse un concorso a Napoli grazie al quale fu poi chiamato a suonare nella Banda di New York.

Vittorino Curci

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