Il reato di tortura, cosa prevede la nuova legge? Intervento del penalista Alessio Carlucci

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Il reato di tortura rientra tra i delitti contro la persona e contro la libertà morale. Il riferimento è l’articolo 613-bis del codice penale.

La legge prevede la reclusione da 4 a 10 anni per chi causa sofferenze fisiche acute, o un trauma verificabile di tipo psichico, attraverso violenze e minacce gravi, a una persona che si trova privata della libertà personale o affidata alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza di chi commette il reato.

Avvocato Alessio Carluccidi Alessio Carlucci, Avvocato del Foro di Bari

Il reato di tortura è stato finalmente introdotto nel nostro ordinamento giuridico penale dalla legge n. 110 del 14 luglio 2017 e prevede pene per i suoi trasgressori che vanno da 4 a ben 10 anni di carcere.

La tortura può essere fisica o anche psichica; la prima deve consistere in più atti di violenza grave, ripetuti anche in tempi diversi da cui derivano acute “sofferenze fisiche acute” per la vittima, mentre la seconda si realizza quando la stessa vittima riporta un “trauma psichico verificabile” che è conseguenza di comportamenti minacciosi o umilianti, anche essi gravi e ripetuti nel tempo.

E’ verificabile un trauma psichico che può essere oggetto di una valutazione obiettiva, per esempio uno stato di depressione certificato da un medico specialista che accerti la causa scatenante in più atti di violenza fisica o morale che abbiano inciso in modo grave sulla sfera personale del soggetto “debole”.

La legge parla di “sofferenze fisiche” che possono prescindere da conseguenze o esiti permanenti: anche il solo dolore, purchè intenso e ripetuto nel tempo, o uno stato di disagio fisico significativo e perdurante, possono integrare il reato di tortura, se commesso dai soggetti e nei contesti indicati dalla norma.

Lo stesso trauma psichico può essere temporaneo, purché abbia inciso minimamente sulla sfera soggettiva della vittima.

Tra quest’ultima e l’autore del delitto vi deve essere una particolare relazione psicologica, morale o giuridica che agevoli la commissione del reato o ne amplifichi gli effetti lesivi.

L’art. 613 bis c.p. contiene un elenco tassativo di situazioni e persone esposte al potere del colpevole: “ una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura e assistenza, ovvero che si trovi in un condizioni di minorata difesa”.

Vittima del reato di tortura può essere un detenuto o arrestato che subisce comportamenti gravemente umilianti o violenti da parte di un appartenente alle forze di polizia o penitenziaria che, forte della sua autorità e approfittando della ridotta libertà di movimento della vittima, gli infligge sofferenze fisiche o morali di grave entità.

Il minore che subisce violenze dal genitore o anche dall’insegnante nei rispettivi ambiti familiare e scolastico.

Il paziente che non è in grado di comprendere o resistere a cure non necessarie, particolarmente dolorose o umilianti e dettate da finalità sadiche o lesive della dignità personale.

L’anziano o il disabile che per ragioni fisiche o psichiche necessitano dell’assistenza di un parente o un badante e non sono in grado di sottrarsi a trattamenti violenti o inumani.

Un disabile fisico e/o psichico esposto alla crudeltà di un vicino di casa o di altro soggetto che, pur non avendo alcun potere o relazione sul primo, approfitta del suo stato di minorata difesa.

L’introduzione normativa dell’art. 613 bis c.p. consente oggi di reprimere in modo adeguato e proporzionato molte condotte inquietanti che prima, in assenza di una legge ad hoc, venivano punite più blandamente.

Si pensi ai vari casi riportati in cronaca di violenze ripetute in asili da parte di maestre sconsiderate o di anziani ricoverati in strutture di ricovero, esposti alla crudeltà o disumanità di soggetti che invece erano tenuti a garantire loro assistenza, serenità e benessere.

Le pene inflitte nei relativi processi sono spesso state percepite dalla pubblica opinione come poco severe, se non lievi, e questo perché i giudici non potevano che applicare le fattispecie di reato allora esistenti ( lesioni, minacce..) e infliggere le pene rispettivamente stabilite, nel rispetto del principio di legalità delle pene di cui all’art. 1 c.p. : “ nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da esse stabilite” e dall’art. 25 della Costituzione italiana.

In conclusione, la tortura oggi punita dalla legge italiana è qualsiasi aggressione, anche solo morale, violenta e prolungata, in danno di persone indifese e esposte al potere e arbitrio altrui e che procurano loro particolari e intense sofferenze fisiche, morali e psicologiche.

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