Stalking: quando è reato? Intervento del penalista Alessio Carlucci

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I comportamenti per individuare il reato, le conseguenze per la vittima, la remissione processuale della querela

di Alessio Carlucci, Avvocato del Foro di Bari

Il reato di atti persecutori (cd. stalking ) previsto dall’art. 612 bis del codice penale è di recente creazione legislativa essendo stato introdotto nel 2009.

Si configura con una condotta reiterata nel tempo di molestie o minacce che devono nello stesso tempo produrre determinate conseguenze di tipo psicologico, fisico o anche sul solo piano della vita privata della vittima e del suo stile di vita.

Il reato di stalking, quindi, esiste quando, accanto ad un comportamento molesto e/o minaccioso ne deriva, quale conseguenza diretta, uno solo dei seguenti effetti previsti e descritta dalla norma penale di cui all’art. 612 bis c.p:

1) la vittima degli atti persecutori versa in uno stato di ansia o di paura che si protrae nel tempo e non si esaurisce nei soli momenti coincidenti con i singoli episodi persecutori. Tale stato perdura anche quando il molestatore non agisce perché il molestato teme in ogni momento l’invasione abusiva nella propria sfera personale privata.

2) La vittima teme ragionevolmente che il persecutore possa andare oltre le molestie e le minacce e agire in danno della sua incolumità personale o anche quella di suoi parenti o altri soggetti a sé legati da vincoli di affetto ( persone solo conviventi o legate da vincoli sentimentali)

3) Il persecutore, con il suo comportamento invasivo , costringe la vittima a mutare le proprie abitudini di vita pur di non incontrare lo stalker e di sottrarsi alla sua influenza negativa. Decide di non rientrare a casa in orari notturni o non frequentare determinati luoghi ove può solo incontrarlo ovvero si vede a cambiare il proprio numero telefonico o, peggio, il domicilio.

Gli atti persecutori penalmente rilevanti possono essere del tipo più vario e non devono necessariamente esprime una carica violenta o antisociale. Anche semplici telefonate, purchè ripetute in un tempo circoscritto, se creano uno solo degli effetti sopra descritti ( ansia, paura, timore di danni maggiori per se o altri) integrano appieno gli estremi del reato di stalking.

La casistica giudiziaria fa rientrare telefonate o sms frequenti, la sosta immotivata e continua nei luoghi frequentati dalla vittima tenuto conto delle circostanze ( es. ore notturne o mattutine) o/e modalità ( ossessive eo intimidatrici) e tante altre, le più varie, purchè idonee a turbare l’equilibrio personale della vittima.

Sono previste pene più pesanti se gli atti persecutori sono commessi in danno dell’ex coniuge o di ex fidanzato/a, minori o persone con disabilità. Anche l’uso di strumenti informatici o telematici comporta un aggravamento di pena.

La norma deve essere interpretata e applicata con particolare ponderazione se si vogliono perseguire solo comportamenti consapevolmente e concretamente idonei a turbare la sfera psicofisica delle persone nel loro contesto privato e non altri, più innocui e privi di carica antisociale.

Per fare un esempio concreto, non capita spesso ma non è neppure rarissimo che una moglie da poco separata denunci il proprio consorte che, nelle settimane successive alla separazione o entro qualche mese, le telefoni più volte o cerchi di incontrarla, al fine di ristabilire la unione affettiva appena interrotta.

Se questo avviene in un arco di tempo fisiologico e ragionevole e con modalità civili , il movente che spinge il presunto stalker non è quello di invadere abusivamente e prepotentemente la vita della donna ma quello di tentare di salvaguardare una unione giuridica e affettiva magari durata anche molti anni , e altri interessi di non minor rilievo (es. la serenità dei figli).

Al contrario, tale condotta risulterà censurabile se si protrae per un tempo maggiore , quando lo stato di separazione si è ormai consolidato e i reiterati tentativi di contatti risultino oggettivamente molesti o minacciosi e idonei ad incidere negativamente sulla nuova vita della persona ( in ognuno dei suoi aspetti sopra descritti).

Se si vuole perseguire lo stalker è necessario sporgere querela ( entro 6 e non 3 mesi), ma una volta sporta, la si può rimettere solo davanti al giudice e non in altri luoghi (stazione dei carabinieri, cancelleria del Tribunale).

Questo perché si possa accertare che la condotta persecutoria sia cessata e la volontà della vittima di rimettere la querela sia libera e priva di condizionamenti.

Se il reato è commesso mediante minacce gravi la denuncia è irrevocabile.

Quando le vittime sono minori o disabili ovvero lo stalker ha nello stesso tempo commesso altri reati non perseguibili a querela, si procede d’ufficio ( anche senza una preventiva querela della vittima).

In definitiva si avrà il reato di atti persecutori ogni volta che un soggetto entra ( o cerca di entrare) nei modi più vari, ma ripetuti nel tempo, nella vita di un’altra persona, in modo prepotente o insidioso, causandole un disagio psichico, fisico o esistenziale.

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