“Take care”: il prendersi cura di sé nel neo soul di Sara & Synthomatics

Shares

“Take care”: il prendersi cura di sé nel neo soul di Sara & Synthomatics

Fra i più interessanti esperimenti musicali della scena neo soul italiana, grazie ad un sound che attinge alla musica urbana dell’hip-hop e synth music, i Synthomatics, attivi dal 2014, hanno alle spalle una storia intensa di live che li ha portati a calcare diversi palchi e a realizzare tre EP in collaborazione con Claudio “Fresh” Colucci (tra i fondatori del collettivo) e il rapper Tenko Bloodlaire. Dal 2019 si apre però un nuovo percorso con la cantante Sara Rotunno, la quale ha collaborato con Achille Lauro in qualità di corista per l’album “1920”, e con Mario Rosini e il Duni Jazz Choir per l’album “Wavin’ Time”.

Sara & Synthomatics

“Take care”: il prendersi cura di sé nel neo soul di Sara & Synthomatics

Il nuovo album “Take care”, prodotto da AltrementiLabs ed uscito lo scorso 26 giugno, conferma con successo le attese dell’appassionato pubblico: fedele alla passione per un groove neo funk, si apre all’incanto armonico di matrice jazz, degno di una maturità artistica e di una freschezza compositiva, interpretate con eleganza e delicatezza dal duo Sara & Synthomatics.

Quali esperienze musicali vi hanno maggiormente formato?

«Alla base c’è lo studio, quello vero, dello strumento, della musica… prima cosa. Ma il percorso e le esperienze che ti fanno crescere davvero sono gli incontri con altri artisti: condividere con loro il palco, suonarci assieme butta giù ciò che credi di sapere per ricostruire tutto daccapo. Sembra distruttivo, ma in realtà è meraviglioso. Le cose più grandi nascono dall’incontro».

Esce oggi il vostro nuovo album. Ce ne volete parlare?

«Questo lavoro è una collaborazione tra due realtà: da un lato c’è la cultura e lo studio del mondo del jazz di Sara, dall’altro l’esperienza dei Synthomatics, legata alla ‘’street culture’’ e alla sua musica, hip hop, funk, ecc.; due mondi che sembrano distanti ma che hanno una storia e una radice comune molto forte. Da queste due energie creative nasce pezzo dopo pezzo la tracklist di Take Care. Per un po’ questo progetto è stato in attesa, com’è stato per tante altre cose delle nostre vite a causa della pandemia. Siamo felicissimi che ora sia finalmente realtà e che sia libero di poter viaggiare, di poter uscire da casse e cuffie di chi avrà voglia di ascoltarlo. La nostra musica potrà farvi compagnia: questa è per noi la cosa più bella, il modo migliore di prendersi cura di sé. Lavorarci è stato fantastico, una collaborazione in tutto e per tutto: testi, melodie e gran parte della musica sono di Sara mentre la band ha curato arrangiamenti, fasi di mixaggio e produzione. La cosa più divertente è stata coinvolgere altri musicisti con featuring sui vari pezzi del disco. Un grazie infinito va a Nanni Teot (tromba), Aldo Di Caterino (flauto), Gaetano Partipilo (sax), Andrea Piangiolino (percussioni), Costantino Temerario (chitarra) e Il rapper LGNDEE. Importantissimo è stato il supporto dei ragazzi di Altrementi lab».

C’è qualche eredità sonora o culturale custodita nella vostra musica?

«Certo! Un ruolo fondamentale spetta alla musica dell’area afroamericana e tutto quello che ne è derivato. Lì ci sono gran parte dei nostri ascolti».

Come siete finiti alla Soul music? Quali ascolti vi hanno influenzato?

«La lista sarebbe davvero troppo lunga: dai classici del soul degli anni 60 e 70 come Marvin Gaye ed il soul legato alla Motown, fino al r’n’b e neo soul degli anni 90, da Lauryn Hill ad Erykah badu, D’Angelo, Robert Glasper, e buona parte dell’hip hop degli stessi anni, oltre a gruppi neo soul moderni come Hiatus Kayote e Badbadnotgood. Senza dimenticare l’eredità sonora lasciateci da Pino Daniele e dalla golden age dell’hip hop italiano, gruppi come i Radical Stuff, Next Diffusion, Sangue Misto e Neffa».

Quanta Puglia c’è nel vostro nuovo progetto neo soul?

«Vivere in un posto significa essere presenti in tutti i modi; non ci si può astrarre, e nel bene e nel male hai un legame con la tua terra, le tue radici. Forse questo andrebbe aggiunto agli ascolti in effetti: vivere in un posto è soprattutto ascoltarlo. Ascoltare i suoni che genera, non solo nella natura e nella tradizione culturale che certo hanno la loro importanza, ma anche e soprattutto nella sua vita quotidiana: la gente che ti circonda, il suo modo di parlare, di piangere, sorridere e di stare bene, il suono del suo correre giorno dopo giorno, del suo pensare… e a volte la sua necessità di rallentare e di prendersi cura di sé. Take Care parte anche da qui».

Quale evoluzione o novità ha espresso Sara nel collaborare con voi?

«Synthomatics: La collaborazione con Sara è stata qualcosa di estremamente naturale: ci siamo incontrati nel momento giusto in cui le nostre necessità di ascolto e produzione musicale erano in qualche modo complementari. Entrare in questi pezzi, capirli, condividerli è stato intuitivo, come un tassello che mancasse al nostro percorso reciproco.
Sara: L’impiego talvolta di ritmi armonici densi e tempi dispari insieme a soluzioni melodiche semplici e cantabili».

Quale messaggio distingue il vostro album?

«Alla base di questo lavoro c’è un sentire comune: la necessità di prendersi cura di sé, sapersi guardare allo specchio con umiltà, una cosa banale da dire, ma non scontata. Non è facile conoscersi davvero e darsi forza per andare avanti e raggiungere i propri sogni. Più che un messaggio in questo disco c’è un gigantesco abbraccio».

Naturalmente desideriamo conoscere i vostri progetti futuri…

«Take Care è fuori, gli vogliamo bene e l’abbiamo coccolato un bel po’! Ora abbiamo davvero voglia di portarlo in giro a fargli vedere qualche bel posto. Ci vediamo presto per qualche live e prenderci cura di noi circondati da buone vibes».

Pierluigi Castellaneta (Ufficio stampa “Altrementi Labs”)

Potrebbero interessarti anche...